IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA

Ho scelto di trattare questo tema in quanto lo trovo un momento che ha rappresentato una tappa importante nella vita di ognuno di noi.  Generalmente siamo abituati a pensare al vissuto dei bambini in questa prima esperienza di separazione, al modo in cui essi  affrontano tale momento alla grande variabilità con cui ognuno lo affronterà, chi con serenità, altri con più difficoltà.

Ed i genitori? Come si collocano rispetto a questo?

Non di rado hanno difficoltà anch’essi e ancor più raramente fanno più fatica dei loro bambini. Capita di osservare scene in cui il genitore fa fatica a gestire tale situazione, lo si vede dal suo corpo impacciato, dal suo cercare un appiglio nello sguardo dell’insegnate, nella classe, una conferma da altri genitori.

E i bambini? Come rispondono?

I bambini diversamente da quanto si può pensare sono attenti osservatori, leggono più degli adulti le nostre emozioni, le difficoltà e per quanto il loro sistema cognitivo ancora non gli consente di operare le opportune risignificazioni, la loro parte emotiva fa si che rispondano ai precipitati emotivi dei genitori con comportamenti che apparentemente sembrano inspiegabili. Tale momento d’ingresso nel contesto scuola è delicato tutti i giorni dell’anno, ma si può dire che i primi giorni, soprattutto nella fascia d’età 3-6, sono i più complessi. La fase d’ingresso è un condensato emotivo tra l’eccitamento per i nuovi stimoli e la disperazione per la fatica di separarsi dalla propria figura d’attaccamento. Le reazioni sono delle più varie c’è il bambino/a che si dispera attaccandosi al genitore con la speranza di farlo restare con sé, c’è il bambino/a che non entra in classe se non con il genitore, c’è il bambino/a con tempi dilatati e infiniti nel saluto al genitore, che intrattiene conversazioni delle più varie con lui solo per aver una sorta di alibi esterno che giustifichi la sua necessità di farlo rimanere in quel posto accanto a lui o semplicemente per consentirsi di abituarsi all’idea che dovranno separarsi , c’è anche il bambino/a che entra con tranquillità e inizia a esplorare l’ambiente e magari dopo una settimana avrà anche egli la sua reazione posticipata più o meno contenuta, o come mi disse una volta una cara insegnate “a scoppio ritardato”. Ecco ci sono svariati modi di reagire e tanti altri ce ne saranno che non ho elencato per non rischiare di dilungarmi troppo, ma ciò che mi sento di evidenziare è che tutti i bambini e tutti i genitori, hanno le loro modalità di rispondere ad un evento come questo, dove nel rispetto delle risposte soggettive va tenuto conto una variabile fondamentale, che potremmo ritrovarla anche in altri momenti della vita,  è quella del “dare tempo”!

Dare tempo ad un bambino di accettare questi cambiamenti è un dovere per l’adulto che se ne prende cura, sia esso genitore sia esso insegnante, dare tempo al bambino significa dargli fiducia nelle sue capacità di risposta e di adattamento, questi sono i primi passi che muove nel mondo e il genitore lo deve accompagnare non sostituirsi a lui. Anche se sono momenti che toccano profondamente il genitore, esso non dovrebbe mai dimenticare che queste sono preziosissime esperienze in cui aiuta suo figlio/a nella crescita,  lo aiuta a sentirsi forte nelle sue fragilità. È molto importante che si tenga conto della soggettività del bambino/a anche rispetto al trovare il modo giusto per aiutarlo in tale momento, dunque sarà importante tarare le proprie modalità di accompagnamento su tali variabili. Al contempo un aspetto che è fondamentale per ogni bambino/a è la possibilità di salutare il genitore, anche se in lacrime. Il bambino deve sapere che il genitore sta andando via per tornare e non che scompare di soppiatto, ovvero il bambino deve essere parte attiva, cioè  partecipare attivamente alla separazione. Credetemi non è un fattore da trascurare ne insolito, capita più di quanto si possa immaginare che il genitore adotti strategie maldestre per evitare la fatica di momenti così intensi, e quindi sceglie strade in discesa come quella di andare via senza farsi vedere, in realtà ci dimentichiamo che ogni discesa è anche una salita.

Dott.ssa Valentina Valletta

Autore dell'articolo: dott.ssa Valentina Valletta

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